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# 14 –  Spara che ti passa

 

di Carmelo Mobilia

 

 

In un motel nella periferia di San Francisco.

 

Lottava e si dibatteva con tutta la forza che aveva in corpo, ma il suo aggressore era più grosso e più forte, e la sottomise facilmente.

<Eddai, smetti di fare la difficile...>

<L-LASCIATEMI!> urlò lei.

<E piantala! Non sarà mica la prima volta! Tu sei una troia e so io quello che andate cercando...> le  tirò i capelli e poi le mollò una sberla fortissima in faccia. La ragazza cadde a terra.  Le si avventarono addosso, obbligandola con la schiena  a terra. Uno di loro le teneva ferme le braccia, mentre l’altro le metteva la mano sotto la gonna e con uno sforzo violento le strappò gli slip.

<NOOOOOOOO!> Gridò lei ancora più forte, inutilmente, mentre il gesto del loro capo eccitò gli altri membri del branco.

<Che gran pezzo di fica... dai muoviti, che poi tocca a me!>

Si slacciò la patta dei pantaloni e  si calò i boxer, e il pensiero di quello che stava per fare le raggelò in sangue.

<N-Non lo fare..... ti prego, no....> lo implorò lei.

<Non aver paura baby... vedrai, ti piacerà!> disse prima di violarla.

<NO!> Si svegliò di colpo, alzandosi di scatto dal letto, sudata. Tremava e il cuore le batteva come un tamburo. Ci mise qualche secondo prima di realizzare dove si trovava, e qualche minuto prima di calmarsi e riprendere il controllo di se. Uscì dalle coperte e  si sedette ai piedi del letto, poi andò nel bagno e si sciacquò il viso. Ora era un po’ più calma. Era sveglia, e sapeva dov’era e perché era là. Erano passati mesi ma ancora non riusciva a lasciarsi alle spalle quel terribile momento. Incubi come questo erano divenuti frequenti. Tornò in camera, mise mano alla borsetta e tirò fuori la sua pistola, comprata nel Nevada poche settimane fa. Quel freddo pezzo di metallo la faceva sentire sicura. Domani sarebbe stato il gran giorno, quello in cui avrebbe scacciato i suoi demoni.  Si rimise a letto, mettendo la pistola sotto il cuscino. Questo gesto le permise di riprendere sonno.

 

Oscorp, filiale di San Francisco. Il giorno dopo.

 

Il Piccolo David era nato appena quattro anni fa, ma a vederlo oggi dimostrava almeno sei anni di più. Era colpa di una degenerazione cellulare dovuta ad un patrimonio genetico alterato. D’altronde questi sono gli inconvenienti dell’essere figlio del clone dell’Uomo Ragno. Ben Reilly si sentiva stringere il cuore nel petto a vedere il suo bambino in quelle condizioni e, come un buon Parker che si rispetti, gli provocava un immenso senso di colpa.

<Dottor Snyder, mi diceva che aveva trovato una cura ...> domandò con tono apprensivo.

<SI è così mr Reilly. Vogliamo iniettare in suo figlio un vaccino sperimentale che dovrebbe aggredire il sistema immunitario, facendolo reagire e annullare così gli effetti del deterioramento cellulare.>

<Sarebbe magnifico. Io ho alcune conoscenze di chimica, dottore... potrebbe dirmi di più?>

<Certamente; si tratta di alcuni anticorpi creati in laboratorio che entrando in simbiosi con l’organismo del soggetto cui viene somministrato, dovrebbero conferirgli l’ immunità.>

<I rischi?>

<Si tratta di una cura sperimentale, come le dicevo.  E’ la prima volta che viene testata su un essere umano. D’altro canto, vostro figlio non ha molto da perdere; senza le cure è destinato purtroppo a morire entro pochi mesi.>

<Dio no...> disse Elizabeth, stringendo forte il braccio di Ben.

<Ma non credo ci sia da allarmarsi. Vostro figlio ha risposto molto bene alle cure preliminari a New York, e la degenerazione dei tessuti ha subito un notevole rallentamento. Siamo fiduciosi, e pronti a partire con la cura, non appena firmerete l’autorizzazione.>

Ben guardò Elizabeth.

<Cosa dici tu?>

<C’è forse un’altra scelta? Hai sentito il dottore... senza, David morirebbe in pochi mesi. Dobbiamo tentare.>

<Si... si, sono d’accordo. Dobbiamo essere fiduciosi. >

Il dottor Snyder allungò loro una penna e i due firmarono le carte, autorizzando alla sperimentazione. Sulle loro labbra, una silenziosa preghiera.

 

Pochi minuti dopo uscirono dal palazzo e l’atmosfera di fece tesa.

<Mi stai evitando Ben ... non negarlo. Perché fingere che l’altra notte non è successo niente?>

<Lo sai perché Eliza. Ho una relazione in questo momento, con Helen. L’altra sera è stato bello ma ... è stato uno sbaglio. Non doveva accadere. Sono stato scorretto nei suoi confronti... e nei tuoi. Ti chiedo di perdonarmi e di dimenticare. Abbiamo un figlio a cui pensare e...>

<Giusto, abbiamo un figlio. Io e te. Ed è stato concepito in una notte come quella scorsa. E’ evidente che tra noi c’è qualcosa ... che va oltre la semplice attrazione. Ci lasciamo, ci allontaniamo, ma poi finiamo sempre col ritrovarci. Ma non lo capisci, Ben? Siamo fatti l’uno per l’altra. Potremmo essere una famiglia non appena David sarà guarito.>

<Elizabeth, no! Mi dispiace ma questo non accadrà mai. Devi accettarlo. Ci sarò sempre per te e David, ma io sto con un’altra donna. Una donna che amo.>

<Ah si? E dov’era lei l’altra sera ... o anche adesso. Dov’è questa “donna che ami”. Dov’era mentre soffrivamo a New York? Ti ha lasciato da solo Ben, accettalo. Forse il vostro sentimento non è così forte come credi. Forse tu ti stai illudendo. Torna con i piedi per terra, Ben. Lei non ti conosce bene come me. Noi siamo la tua famiglia.>

<Ti sbagli... tra me e Helen le cose funzionano benissimo. E’ solo un momento difficile, come in ogni coppia. Presto tornerà a casa e staremo insieme. Fattene una ragione.>

<No Ben... presto tu ti accorgerai che questa Helen non è la donna che fa per te, e allora, quando finalmente ci avrai sbattuto la testa, capirai. E torneremo insieme. Tu e io, come doveva essere fin dall’inizio.>

 

New York. Aeroporto JFK.

 

<Allora siamo d’accordo. Tre settimane e ti raggiungo. Vedrai che passeranno in un lampo.>

<Lo so Mindy... ma tu e i bambini mi mancherete tantissimo.> le disse Hobie, abbracciandola. Alla fine era riuscito a convincere sua moglie ad accettare il trasferimento a San Francisco. Aveva sbuffato per via dei sacrifici che aveva compiuto per tornare a New York, ma alla fine capì che l’opportunità che aveva avuto suo marito era una di quelle che passano una volta sola nella vita e andavano colte al volo. Mindy era una moglie molto comprensiva. Hobie si rendeva conto di essere molto fortunato ad averla sposata. D’altro canto, non andavano mica in Alaska. Frisco era una gran bella città in cui vivere. Inoltre, non aveva tutti i pazzoidi mascherati che c’erano a New York. Anche a Prowler avrebbe giovato  questo trasferimento. Grazie al suo ingegno e alla tecnologia di cui poteva disporre, era riuscito a nascondere il suo costume all’interno della valigia senza far scattare alcun metal detector dell’aeroporto. Aveva pensato tutta la notte se portarlo con se o meno. Cambiare città era l’opportunità di cambiare vita, e quindi anche di lasciarsi le avventure di Prowler alle spalle, ma non aveva smesso neppure dopo la nascita dei suoi figli...quindi, perché farlo adesso? Non lo faceva  per quella scarica di adrenalina che attraversa il corpo mentre combatti o per qualche forma di egocentrismo... no, semplicemente Hobie Brown odiava i prepotenti, e aveva le capacità e i mezzi per combatterli. A New York come a San Francisco.

 

Periferia di San Francisco. Davanti l’officina “Malden & figli”. Il giorno dopo.

 

La macchina era parcheggiata a poche decine di metri dall’ingresso. Helen era seduta sul sedile anteriore, indossava gli occhiali da sole e guardava nello specchietto retrovisore, e osservava dell’officina che vi era riflessa sopra. Sapeva che era lì che stava il suo primo obiettivo . Marcus Young, venticinque anni. Era stato il primo ad avventarsi su di lei, quel maledetto giorno. Sarà il primo a pagare, dunque. Tirò un lungo respiro. Era la cosa giusta da fare. Soltanto così scaccerà quegli incubi. Soltanto così potrà tornare a vivere.

 

San Francisco. Quel pomeriggio.

 

Non era andata come aveva pensato. Elizabeth non ne voleva sapere di mollare il colpo.  S’era fatta questa fantasia in cui sarebbero tornati insieme e sarebbero diventati una famiglia.

<Credo sia innamorata più di questa idea che di me> penso Ben.

 <Si, non è me che realmente vuole...la conosco, vorrà andare fino in fondo. Di due di picche ne ho ricevuti tanti in vita mia ... ma come si fa a darne uno? >

Pensieri di questo tipo continuavano a passargli per la testa mentre nei panni del ricercato Ragno Rosso attraversava la città appeso alle sue tele. Paradossalmente, ciondolare tra i palazzi in quel modo era il suo modo di rilassarsi, di staccare la spina ... come per gli impiegati andare in palestra dopo le ore d’ufficio. Già era una cosa da pazzi, ma combattere i criminali lo spaventava meno che affrontare una ex spasimante che non voleva saperne di mollare il colpo. Iniziò con un lieve pizzicore del suo senso di ragno, che lo avvertiva che qualcosa non andava. Si lanciò nel vicolo sottostante, alla ricerca di ciò che lo aveva fatto scattare, e lo trovò facilmente: un ragazzo, di circa 18-19 anni, accasciato al suolo. Si avvicinò per accertarsi che stesse bene:

<Ehi amico ... tutto bene? Non è un posto un po’ lercio per schiacciare un pisolino?> chiese ironicamente. Il ragazzo non gli rispose, e immediatamente si accorse del perché: se l’espressione d’estasi sul suo volto non era una spiegazione sufficiente, il laccio emostatico legato al braccio e la siringa a pochi centimetri da esso levavano ogni dubbio.  Un tossicodipendente che butta la propria vita nel cesso in quel modo non era certo lo spettacolo più bello del mondo da vedere, tuttavia non si spiegava perché questo avesse fatto scattare il suo senso di ragno. Era forse  in pericolo di vita?

<Va via Rosso .... non rovinarmi lo sballo.... oh si, si.... la sento ... oooooooh ... è pura energia....>

<Non preoccuparti, ci sono io ... ti porterò in ospedale in meno che non si dica...> gli disse il Rosso, cercando di prenderle il ragazzo in braccio, ma di tutta risposta questi lo colpì con un pugno di una sorprendente forza, tanto da fargli fare un volo di alcuni metri.

<Ma che ...> si girò verso di lui e lo vide improvvisamente aumentare di taglia, gli abiti si strapparono rivelando una pelle metallica di uno strano  colore grigio/blu.

<SI! E’ STUPENDO!> gridò il ragazzo, mutato in gigante di ferro

 <E’ così che deve sentirsi Dio!>

Cos’era successo? Quel drogato era forse un mutante?  Il Rosso si poneva domande come queste, quando  l’oggetto dei suoi dubbi rivolse l’attenzione verso di lui.

<Mi sento invincibile, come se potessi affrontare chiunque.... persino te!> così dicendo cercò di colpirlo con un pugno; il colpo venne abilmente evitato, ma fu talmente potente da formare un buco nel marciapiede.

Il Ragno Rosso scattò e con un balzo si scagliò su di lui e lo colpì al mento con un pugno, ma per quanto abile la mossa fu inutile in quanto la mascella di ferro del ragazzo assorbì il colpo.

<Tutto qui ragnetto? Non l’ho  sentito neppure.... sono un Uomo d’Acciaio adesso, come quello dei fumetti! Niente mi può fermare! Guarda cosa posso fare ...> sollevò una Toyota parcheggiata lì vicino e la lanciò verso il supereroe con la stessa facilità con cui un ragazzino lancia una palla da baseball. Ben balzò via, e la macchina andò ad infrangersi contro delle altre, causando un’enorme  esplosione.

<E’ come combattere contro Hulk> pensò tra se e se <e potrebbe essere anche forse come lui... devo fermarlo, e subito! Potrebbe fare numerose vittime ...> dai lancia ragnatele sui suoi polsi sparò dei dardi stordenti, ma questi non penetrarono la pelle metallica. Provò allora a fermarlo con le tele ad impatto, che gli avvolsero il volto privandolo della visuale, e approfittando della momentanea cecità dell’avversario , si appese alla sua ragnatela e forte della spinta lo colpì con un doppio calcio al petto. L’impatto lo fece crollare a terra, dando tempo a Ben di riprendere fiato.

<Andiamo ... puoi fare di meglio!> gridò il gigante, strappandosi la tela della faccia, eccitato dalla battaglia. Afferrò un lampione e lo strappò dalle fondamenta senza sforzo, poi lo usò come mazza per cercare di colpire un inafferrabile Ragno Rosso, che grazie alla sua agilità di ragno saltava a destra e a sinistra  evitando di venire colpito. Saltando l’ennesimo tentativo del mutato di utilizzarlo come dischetto da hockey, il clone dell’Uomo Ragno lo colpì nuovamente con un doppio calcio volante, stavolta al mento. Il senso di ragno lo avvertì dell’arrivo di un furgone del corriere espresso che stava per investirli. Il mutato fu più lesto,  afferrò il mezzo e lo sollevò sopra le testa.

<Vediamo se riesci a evitare anche questo ...> aveva intenzione di lanciarglielo conto, infischiandosene del fato del pilota al suo interno. Con grande rapidità Ben lanciò una tela che si attaccò alla portiera del furgone, e con uno strattone la strappò, poi con una seconda tela tirò fuori dal mezzo il conducente. Improvvisamente però il mostro di metallo si piegò su se stesso come se gli mancasse il fiato. Si portò una mano sul petto e dopo qualche secondo si accasciò a terra, tornando al suo aspetto normale. Il Rosso corse per soccorrerlo, ma arrivò tardi: il cuore gli si era fermato. Il ragazzo era morto. Gli abitanti di San Francisco erano curiosi come i newyorkesi e in pochi secondi accorsero in tanti per vedere che faccia aveva quello che pochi minuti prima era un colosso di ferro che stava distruggendo la città. Il Ragno Rosso sentì il suono delle sirene della polizia e decise che era il momento di sparire. Sarebbe tornato sul posto in meno di un’ora nei panni di Ben Reilly assieme al resto dell’unità CSI.

 

Periferia di San Francisco. Davanti l’officina “Malden & figli”.

 

La ragazza coi capelli corvini non passava certo inosservata: gonna corta, stivale in pelle, fisico da fotomodella... la tipica sventola a cui fischiare dietro. Indossava un paio di Ray-Ban che le coprivano gli occhi, ma non appena si avvicinò ad uno dei ragazzi sporchi di grasso se li tolse, mostrando dei bellissimi occhi azzurri.

<Sei tu Marcus Young?>

<In persona...> disse lui, ammorbidendo il tono della voce.

<Una mia amica mi ha parlato di te. Posso parlarti in privato?>

<Certo. Seguimi sul retro...>

Andarono sul posto, dopo che Marcus si scambiò un cenno d’intesa coi colleghi. Prese uno straccio e si pulì le mani e la faccia.

<Allora... chi è che t’ha parlato di me?> chiese sfoggiando un sorriso malizioso.

Di contro Helen gli rispose tirando fuori la 38 dalla borsetta.

<Ehi! Ma che caz...>

<Non mi riconosci, pezzo di merda? Non ti ricordi nemmeno dove ci siamo già incontrati? Fa uno sforzo... immaginami a terra, terrorizzata, con i tuoi amici a tenermi mentre  tu mi violentavi .. ora ti ricordi, stronzo?>

Marcus cominciò a sudare freddo. Capiva cosa stava accadendo e sapeva che non ne sarebbe uscito a chiacchiere. Indietreggiò spaventato, ma andò a sbattere contro il muro alle sue spalle.

<A-Aspetta ... mettila via... i-io non ...>

<TU “NON” COSA, EH?> disse digrignando i denti <”NON VOLEVI” FORSE? VUOI DIRMI CHE HAI SEGUITO GLI ALTRI “PER FARE QUALCOSA DI DIVERSO?” RISPONDI!> Marcus era terrorizzato. Un suo collega arrivò nel cortile per riferirgli qualcosa, ma quando vide Helen puntargli la pistola rimase impietrito.

<Tu che vuoi? Non impicciarti, và via!> il collega di Marcus rimase fermo, intimorito.

<VIA, HO DETTO!> gridò Helen, sparando un colpo a vuoto che fece scappare a gambe elevate il ragazzo e terrorizzò ulteriormente Marcus.

<C-Calmati piccola... r-ragiona un attimo...>

<STA ZITTO, BASTARDO! E METTITI IN GINOCCHIO!> Tremando e balbettando, Marcus obbedì alla richiesta di Helen e si mise in ginocchio.

<COME CI SI SENTE, EH? COME CI SI SENTE AD ESSERE IN BALIA DI UN’ALTRA PERSONA, CHE TI OBBLIGA A FARE CIO’ CHE VUOLE? COSA SI PROVA A VENIRE UMILIATI, VIOLATI? EH? TI SENTIVI UN DURO L’ALTRA VOLTA, QUANDO MI HAI SPINTO SUL PAVIMENTO E MI HAI VIOLENTATO, PEZZO DI MERDA???>

Il ragazzo andò in pezzi, cominciò a piangere come un bambino e a implorare per la sua vita.

<T-Ti supplico, non uccidermi...> disse tra un singhiozzo e l’altro, tirando su con il naso.

<TI SEI FERMATO TU QUANDO IO TI HO CHIESTO DI SMETTERE? ANCH’IO TI SUPPLICAI DI NON FARLO, MA TU NON TI SEI FERMATO! NO, IL SUPERMUSCOLO DOVEVA FARSI VEDERE DAI SUOI AMICI... MA CHE CAZZO DI UOMO SEI CHE DEVI COSTRINGERE UNA DONNA A SCOPARE ?>

Marcus era ormai ridotto ad un patetico ammasso piagnucoloso, con le mani che gli coprivano la faccia.

Helen gli puntò la pistola alla testa. La mano, inizialmente ferma, tesa, cominciò a tremargli. La vocina che gli diceva di farlo era sempre più lontana. Al suo posto, la parte della sua memoria che apparteneva a Gwen Stacy ricordava i racconti di suo padre, il compianto capitano Stacy, e i suoi racconti da poliziotto ... di come porre fine ad una vita lo facesse star male, di come il dover usare l’arma in servizio gli facesse aver gli incubi. Odiava il bastardo che l’aveva violata,  ma in quel momento davanti a se non riusciva a vedere oltre che un ragazzo spaventato. Non riusciva a collegarlo a l’uomo che l’aveva assalita, non completamente almeno. Le dita sul grilletto parevano di marmo. La pistola cominciava a pesare come un macigno. Cominciò a sudare freddo.

<Vattene...> disse con un filo di voce. Marcus alzò la testa e la fissa con gli occhi pieni di lacrime, incredulo.

<VATTENE!!> ribadì Helen urlando. Marcus si alzò in piedi e corse più velocemente che poteva, mentre Helen, una volta rimasta sola, lasciò cadere l’arma dalle mani e piegandosi sulle ginocchia cominciò a singhiozzare.

 

Sede della Divisione Servizi Forensi.

 

<Chi c’è sul caso?> chiese il commissario O’Hara a Sabrina Morrell.

<Gonzales sta facendo ricerche sul ragazzo, ma quelli della scientifica dicono di avere delle novità al riguardo....>

<Ah si? Allora andiamo a sentire che hanno da dirci ...> andarono nel laboratorio, dove Ben stava analizzando alcuni campioni di sangue.

<Allora Reilly ... cos’hai da dirmi su quello che è accaduto?>

<Purtroppo non ho belle notizie> disse Ben, senza staccare gli occhi dal microscopio <Dalle analisi del sangue della vittima ho scoperto che il ragazzo non ha dei superpoteri naturali ...  sono dovuti ad  un composto chimico chiamato “ormone di crescita mutante” ; si tratta di una nuova droga che si ricava dalla corteccia dei mutanti e che se assimilata interagisce con l’organismo e dona dei superpoteri anche alle persone normali.>

<Vuoi dire che qualcuno ha messo in giro una droga in grado di trasformare chi se la spara in mostri come quello?> chiese la Morell.

<Esattamente. I poteri che si acquisiscono variano di soggetto in soggetto, proprio come fa il “fattore X” nel DNA di ogni mutante. Gli effetti dovrebbero durare circa dieci minuti se fumata in uno spinello, ma se lavorata chimicamente in pasticche o, come in questo caso, in un composto simile all’eroina, il tempo della durata può essere triplicato...>

<E’ stata quella roba a ucciderlo?> domandò ancora Sabrina.

<E’ così. La tolleranza a questo tipo di sostanza stupefacente varia da persona a persona, ma se assorbita da un organismo poco sano come quello di chi ha già una tossicodipendenza può provocare la morte per infarto.>

<Una droga in grado di dare un potere superumano ... questa si che darà dipendenza ...>

<No, non voglio questa merda nella mia città!> esclamò O’Hara < Voglio tutti i nostri migliori agenti a dare la caccia a chi spaccia ‘sta robaccia... Callaghan, Stone, Keller... e  Bullit, Toschi, Curran... insomma, tutti quanti!> [1]

Si, e anche il Ragno Rosso lo farà, pensò Ben.

 

In un'altra parte della città, c’erano altre persone che stavano avendo una conversazione simile ed erano altrettanto preoccupati. Erano seduti attorno ad un lungo tavolo rettangolare. La sala aveva le luci soffuse, tipo bisca, e si poteva intravedere una fitta nebbiolina dovuta la fumo delle sigarette.

<Che cosa significa “non è roba nostra?”> domandò furioso il Signore del Crimine ad uno dei suoi uomini, Rico.

<E’ così. E’ un altro canale. Qualche giorno fa  la polizia ha sequestrato un nostro carico dopo che il Ragno Rosso ha attaccato uno dei nostri magazzini [2] . C’è della roba in giro che non proviene dalle nostre riserve. Ho beccato una “formica” nella mia zona che spacciava per un altro e l’ho fatto cantare, prima di farlo fuori... si tratta di Damon Dran. E’ lui che s’è messo sul mercato. Ma c’è dell’altro. Ho fatto analizzare la sua roba da uno dei nostri chimici e sai cos’ho scoperto?>

<Che altro c’è ancora?>

<Noi avevamo lavorato la roba in modo che gli effetti durassero al massimo quindici minuti, in modo che tornassero da noi a chiedercene ancora con la bava alla bocca , giusto? Beh questa partita invece dura almeno tre volte di  più, e te la fanno pagare il doppio.>

<QUESTA CITTA’ E’ MIA! NON PERMETTERO’ A QUEL VECCHIACCIO DI  METTERMI IL BASTONE FRA LE RUOTE! VA ELIMINATO, SUBITO!>

<Uh temo che non sarà così facile > disse Brad “lo smilzo” <Lo chiamano “l’uomo indistruttibile”. Dicono sia impossibile da ammazzare.>

<Qualcuno una volta disse “se c’è una cosa che la storia ci ha insegnato è che si può uccidere chiunque” ... ed è un pensiero che condivido. Se questo Dran è così tosto come dite, allora è lavoro adatto al nostro nuovo socio... vediamo se nell’attrezzatura che gli abbiamo fornito ha qualche gadget che fa al caso nostro...>

 

Forest Hill. Appartamento di Ben Reilly.

 

Finito il turno, una volta a casa Ben tornò alle sue provette; qualche giorno fa aveva prelevato un piccolo campione da quel magazzino, poco prima dell’arrivo della polizia [3] . Doveva analizzarlo e confrontare i risultati con quelli delle analisi di quel ragazzo mutato. Certo avrebbe potuto farlo al laboratorio, ma come giustificare “l’intuizione” di aver scoperto che anche il carico sotto sequestro era di OCM? In fondo lui non era neppure lì al momento della retata... almeno non ufficialmente. No, molto meglio lavorare a casa, evitando così anche il minimo sospetto di collegamento tra Ben Reilly e il Ragno Rosso. Tipica paranoia dei Parker, forse, ma finora aveva funzionato benissimo, e se qualcosa non è rotto, perché cambiarlo? Lavorava meticolosamente sull’analisi di quel campione quando improvvisamente squillò il telefono. Numero sconosciuto. Rispose ugualmente.

<Pronto?>

<<Ben...>> riconobbe immediatamente la voce.

<HELEN! AMORE, FINAMENTE! COME STAI? DOVE SEI ADESSO?>

<<In una tavola calda, in periferia... si chiama Mickey. T-Ti prego, vieni a prendermi.>>

<Si, la conosco. Non temere amore, sarò da te in un lampo. Aspettami, non te ne andare!> e in men che non si dica fu fuori di casa.

 

***

 

Ben raggiunse la tavola calda di Mickey’s in poco di mezz’ora. Tirò la sua auto al limite delle sue possibilità ma gli parse comunque di averci impiegato una vita. Entrò di furia, cercando con lo sguardo i suoi capelli biondo platino. Rimase sorpreso quando la vide in fondo alla sala con un look completamente diverso e il mascara che le colava dagli occhi.

<Oh Ben ...> disse semplicemente lei, abbracciandolo e piangendo.

<Amore mio...> le rispose lui, stringendola forte a se.

<Ben... scusami.... scusami, io non volevo... non sapevo... io...>

<Sssh tesoro, non dire nulla. Va tutto bene. E’ colpa mia... non dovevo lasciarti da sola. Ti ho trascurata, lo so... il mio lavoro e le altre faccende hanno assorbito troppo, e non ti ho dedicato le giuste attenzioni. Stavi soffrendo e io non ti sono stato vicino. Sono io che mi devo scusare, amore...>

<No, no... tu non lo sai... io...>

<Va tutto bene Helen, va tutto bene. Sono qui adesso. Qualunque cosa ti turbi, ora l’affronteremo insieme. Non ti lascerò mai più sola.> e così dicendo, la bacio e la strinse ancora più forte.

 

 

 

Le Note

 

 

Ed ecco svelato il fato di Helen e scopriamo qualcosa di più sulle condizioni del piccolo David Tyne. Qual è il suo destino? In cosa consiste questa fantomatica nuova cura? Tutto a tempo debito, ragazzi...

Intanto, vi rivelo che il titolo che ho scelto si rifà, come mia abitudine, ad un film famoso. Per la cronaca, “Spara che ti passa” è in film di Antonio Banderas che a per protagonista Francesca Neri, il cui personaggio ha avuto una brutta esperienza come quella di Helen ... ma la sua reazione non è stata altrettanto clemente.

 

1 = Anche questo è un omaggio cinematografico. I nomi che fa il commissario O’Hara a Sabrina Morrell sono celebri personaggi di alcuni celebri polizieschi, tutti ambientati a San Francisco:

 

- Se non conoscete l’ispettore Harry Callaghan- interpretato da Clint Eastwood - e i suoi rispettivi film, non siete di questo pianeta.

 

- Mike Stone e Steve Keller sono i protagonisti del celebre telefilm “Le Strade di San Francisco”, rispettivamente interpretati da Karl Malden e da un allora giovanissimo Michael Douglas, che tra l’altro da il volto anche a Nick Curran, detective del celebre Basic Instinct.

 

- Frank Bullit è il protagonista del film omonimo “Bullit”, interpretato dal grande Steve McQueen.

 

- Dave Toschi infine è uno degli investigatori del film Zodiac, che ha il volto di Mark Ruffalo, recente interprete di Bruce Banner nel film Avengers .

 

Curiosità su Zodiac: in questo film Ruffalo interagiva con Robert Downey Jr, che incontrerà anni dopo sul set del film sui Vendicatori quando questi interpreterà Tony Stark.

 

2 & 3 = è avvenuto nel num. 12.

 

E’ tutto. Ci si vede nel numero 15.